Lettori fissi

venerdì 24 ottobre 2014

LEAVING PARTY

Buonasera, 

seduto sul divano-letto Ikea, rigorosamente in modalità "letto", ho deciso di scrivere quello che potrà essere uno degli ultimi post di questo Blog iniziato ormai 2 anni e mezzo fa.

Ricordo il mio primo passo in terra Londinese alla disperata ricerca dell'ostello in cui passare la notte; ricordo sempre con immenso piacere le 5 ore di ritardo del volo Rayanair in partenza da Torino;
ricordo la disperata ricerca di casa, conclusasi dopo 10 giorni in una camera 6x2 appartenente ad una coppia di polacchi; ricordo il mio primo giorno di lavoro a Caffe Nero; ricordo i "Fifteen Elephants" e la miriade di drink da imparare a memoria.

Ricordo ieri sera, dove in una Pub ad Hammersmith ho per la prima volta visto la parola FINE ad un'esperienza magnifica.

L'appuntamento era per ieri sera, 23 Ottobre alle ore 18, al William Morris Pub proprio fuori dalla stazione metro di Hammersmith.
L'appuntamento era alle 18, ma ero quasi sicuro che quelli puntuali sarebbero arrivati non prima delle 19; prontamente smentito da chi alle 18.18 mi scriveva messaggi chiedendo mie coordinate.

Io ero uno di quelli che avrebbe dovuto essere puntuale, invece a quell'ora ero appena uscito dalla doccia.
Poco male, in meno di 30 minuti ero sul posto, accompagnato da Fabio.

Il pub è pieno di gente che mangia e beve, non ci sono posti a sedere neanche per sbaglio, ogni sedia sembra cucita al sedere delle persone, per non perdere il privilegio, se la portano anche in bagno.
Decidiamo all'unanimità di accontentarci di un angolino di fronte al bancone.
Sono già passate le 19 e siamo solo 5/6, decidiamo di portarci avanti con i lavori in attesa degli altri invitati: ordiniamo una birra.

Parto piano, con calma, come se dovessi fare una maratona; sono già stato avvertito dalla Ale e da Gabry, che mi faranno "soffrire".
Gabry è già arrivato, ed è qui vicino a me che si scalda l'ugola con un pinta di bionda ghiacciata, Ale arriverà...

Faccio il vago, e mentre gli altri si scolano la birra, io sono ancora alla prima metà del bicchiere.
Nel frattempo il pub si svuota un pochino, riusciamo ad occupare due tavoli che ben presto diventeranno tre.
Anche il resto della ciurma inizia ad arrivare, e ben presto i tre tavoli sembrano piccolissimi.
A pieno organico arriveremo ad essere una quarantina.

Sono già alla seconda pinta quando me ne vedo recapitare una terza, e gente intorno a me mi chiede cosa voglio bere.
In men che non si dica partono anche i giri di shot di sambuca chiara, e come promesso, Gabry apre le danze.
Reggo il colpo, e birra alla mano mi dirigo verso il tavolo spostandomi dalla prima linea del bancone.
Lascio combattere i pezzi da novanta e mi defilo nelle retrovie.

Veniamo raggruppati tutti al tavolo da Lilly, che ha in serbo per noi una bellissima sorpresa.
(Quando parlo di noi parlo anche a nome di Fabri, che per chi non lo sapesse, è colei che da  un anno mi sta accanto, e  che tornerà con me in Italia.)

Lilly ci consegna un mazzo di palloncini colorar legati ad un pacco; le regole sono che prima di aprire il pacco, i palloncini devono essere scoppiati.

Non la faccio finire di parlare, quando inizio a scoppiarli a mani nude; Fabri, con una forchetta dell'hamburger.
Tempo 1 minuto, forse meno, di palloncini ci sono solo più le briciole, apriamo il pacco e dentro c'è una bellissima foto di noi colleghi di Chiswick2.

Le sorprese non finiscono, mi fanno aprire un pacco con al suo interno altri pacchetti più piccoli, all'interno dei quali ci sono oggetti che devono essere indossati a mano a mano che gli apro.
In poco meno di 5 minuti, sono vestito con una maglietta da Barista in trainig, una parrucca verde, un cerchietto con annesso cappello da strega, un paio di occhiali a forma di cuore con bandiera britannica sulla montatura, una sciarpa che di maschile non aveva neanche il colore, ed un paio di baffi finti che mi incollo in fronte a mo di monociglio. 
Una raffica di foto come fossi a San Siro.

Riceviamo ancora in dono un pacchetto degustativo, con una decina di post-it appiccicati sopra e dediche dei presenti; una bottiglia di vino da parte di Gigi e Basia, ed una targhetta di Abbey Road da parte di Giuly.

Un momento molto intenso, a cui non sono stato capace di fare il mio voluto ringraziamento.
Ho sentito tutto il calore di chi mi è stato accanto in questi magnifici anni, ho sentito la presenza di chi non ha potuto essere presente ed ho sentito gli occhi umidi di lacrime che non ho voluto far scendere.

La serata prosegue con il binomio birra e sambuca, perdo la cognizione spazio temporale molto presto, troppo presto, e mi ritrovo inspiegabilmente in trincea, sono di nuovo in prima fila con le leggende del bancone.
Imploro pietà, sono un dilettante in serie A; ma sta sera nessuno vuole sentire le mie parole, spillano addirittura sambuca per l'occasione.
Gli shot sembrano giganteschi, non so più se sono shot di birra e pinte di sambuca o viceversa; ma il sapore è sempre peggiore.

Vedo gente che cammina barcollando, o forse no, sono io che barcollo e loro sono dritti, questo dubbio mi perseguiterà fino alla fine della serata quando scoprirò la verità.
Ci avviciniamo credo molto velocemente all'ora di chiusura, ed i miei ricordi a proposito sono come fazzoletti di carta passati in lavatrice senza centrifuga.
Ho ancora tempo di rispondermi alla precedente domanda quando mi ritrovo abbracciato alla tazza del cesso; non letteralmente, ma metaforicamente.

Chiudono il pub, con me dentro, ma la signorina gentilmente mi permette anche di uscire, ci rechiamo a prendere il bus, il 266 che di notte non passa mai, ma che questa volta ci fa anche lui un regalo, passa dopo solo 6 minuti di attesa.
Sei minuti che per me avrebbero potuto essere ore o secondi, sarebbe stata la stesa cosa.
Accompagnato e guidato nella deambulazione, saliamo sul bus e facciamo ben una fermata, quando le mie nausee da partoriente, si fanno ben più reali di semplici congetture.

Decidiamo di proseguire a piedi, e a passi poco ritmici e coordinati, arriviamo a casa dove vengo gentilmente adagiato sul letto e privato di maglia pantaloni e scarpe; mi tolgo anche il braccialetto.
In meno di un secondo sono già addormentato e sepolto sotto le lenzuola.

Il mattino vengo svegliato da un mal di testa che è più simile ad un trapianto di corna che ad un post sbronza.
Bevo due sorsi d'acqua ed un Efferalgan, che tempo 3 minuti ritornano da dove sono entrati; effervescenza compresa.
Ci riprovo adesso con delle pastiglie non effervescenti e meno acqua, funziona, così faccio che prenderne ben due.

Mi butto sotto la doccia, anche perché sono le 10 ed alle 12 devo essere operativo per un pranzo in centro.
L'entrata in doccia non è così semplice come lo è di solito, ma me la cavo.
Riesco anche a lavarmi la schiena, nonostante l'equilibrio precario.
Ne esco rivitalizzato.
Da qui in poi la giornata è tutta in discesa; il peggio è passato.

Grazie ragazzi per la magnifica serata, volevate vedermi dare il meglio, e ce l'avete fatta.
Grazie per questo tempo passato insieme, per le cose imparate e per il vostro essere presenti sempre.
Non voglio che sia un addio, ma un arrivederci....

Cheers Guys see you soon!!
 

martedì 23 settembre 2014

"THIS IS THE TIME OF THE LUNCH"

E' un martedì, uno di tanti; è il Ventitrè Settembre Duemilaquattordici, quando in un parco selvaggio di Londra, inizio a realizzare ed a metabolizzare quello che sarà il mio futuro prossimo.
Inizio ad assaporare quello che nella mia mente frulla già da mesi.
Ma facciamo un salto indietro.

Partii per Londra il 18 Aprile del 2012, sembrano già secoli fa, forse per mia mamma lo sono veramente, ma qui, il tempo vola così rapidamente che non sembra passata neanche una settimana.
Il tempo si ferma solo sempre quando alle 4.45 suona la prima sveglia, che non è che l'inizio di una lunga serie che si concluderà alle 5.00, dove agile come un lottatore di sumo, mi catapulto sul ciglio del letto dove resto seduto per almeno 17 secondi prima di infilarmi i fastidiosi infradito della quick silver e recarmi alla porta di fronte dove in altri 130/135 secondi rilasso la vescica e spazzolo i denti.
Ci vogliono 3 secondi per raggiungere di nuovo la camera da letto avvolta da un campo magnetico stile buco nero, che attira a se tutti i corpi inermi.
Appoggio le mie già stanche natiche sul bordo del letto, che è già sistematicamente stato occupato da Bry; nel disperato tentativo di inserire le calze nell'apposito piede.
E' sempre stato un lavoro faticosissimo, e vi assicuro che alle 5.04 lo è ancora di più.
Mi rialzo dal letto che ormai non è più mio; mi privo della maglietta della notte e inserisco pantaloni rigorosamente estivi e maglietta maniche corte, spengo le luci, prendo lo zaino e trascino fuori il mio corpo appeso alla bici rossa che mi accompagnerà al lavoro per i prossimi 8 minuti.
Sono le 5.08 quando esco di casa, la città è a metà tra la gente che rientra dalla sera prima e dalla gente che inizia la giornata.
Il traffico non è tanto, non fa neanche freddo quindi mi rilasso (per quanto uno possa essere rilassato alle 5.08) fino alla porta di ingresso di Caffe Nero.
Scendo dalla bici, cerco le chiavi nella tasca destra dei pantaloni e mi accorgo che sistematicamente si sono attorcigliate alle chiavi di casa.
Le tiro fuori entrambi, sprecando secondi preziosi, quando riesco ad aprire la porta dello store, il "bip bip bip bip" dell'allarme intacca il quasi silenzio circostante.
Metto il codice, rigorosamente con la mano sinistra perché con la destra non me lo ricordo; poso la bici dove c'e il primo tavolino, quello alto, e mi dirigo a fare il paid out; sono le 5.23.
Ho 1 ora e 7 minuti per mettere i croissant nel forno, sistemare i panini in frigo, portare il latte in ufficio. aprire la macchina del caffe, portare i tavoli fuori dopo ovviamente aver scopato dall'immondizia accumulatosi di notte e fare colazione.
Sono passati 60 minuti da quando mi sono svegliato, ma il mio corpo accusa come se ne fossero passati 600.
Ho bisogno di un caffe.

Si apre, siamo in due dietro il banco e ci alterniamo a servire fin tanto che tutte le carte e la burocrazia mattutina non sono state completate.
Guardo l'ora e sono solo le 7.00 inizio a contare quante ore manchino al fine shift, ma non mi bastano le dita di una mano, e quindi lascio perdere.
Fortunatamente sono le 9.00 quando le mamme di Chiswick iniziano ad arrivare e riempiono il locale come fossero in piazza Lantelme ad aspettare Babbo Natale.
Sono generalmente in gruppi eterogenei da 4 o più, ma quello lo saprai solo quando pagando ti chiedono di aggiungere altri 400 cappuccini per gente che forse arriverà dopodomani.
Sono mamme giovani, e sono per la maggior parte delle volte felici e cordiali, fanno un casino dell'accidenti e capisci cosa ordinano solo perché sai a memoria i loro drink; ma perlomeno ti fanno passare un'ora veloce e con il sorriso.








Sono le 10.30, quando uno dei due può pensare di prendersi una pausa.
Generalmente non sono io, non perché non possa, ma perché non voglio mangiare un panino al pesto e pollo così presto.
Si passano le ore dicendo fesserie tra colleghi e chiedendo ai clienti la frase clou di un barista a Caffe Nero: "Chocolate on top?".

I rinforzi arrivano intorno alle 12, quando una terza persona fa capolino dietro al banco occupandosi del lavoro sporco, sparecchiare e lavare.
Immerso nelle tazze sporche e nei cucchiaini che cadono in ogni dove, la terza persona, che è anche sprovvista di nome, (perché è veramente così, chi si aggiunge ai baristi che aprono, non ha mai nome,  è semplicemente "La terza persona"), deve occuparsi di smistare i panini che stanno bruciando da ore nella toaster.
La coda aumenta, e generalmente aumenta sempre direttamente proporzionale alle tazze sporche che ci sono nel lavandino.
Poi, dopo il caos, la quiete.
Come il sereno dopo il temporale, fulmini e tuoni lasciano posto a tavoli pieni di tazze sporche ed il frigo dei panini rivoltato come dopo l'assalto degli Unni.

Guardi l'orologio sulla Till, e sono le 13, tu stacchi alle 14, questa sarà l'ora più lunga della tua giornata, ancora più lunga di quell'interminabile periodo che va dall'apertura della porta con allarme annesso alla colazione con caffe latte e biscotti.

Dopo questa breve parentesi sulla mia vita quotidiana, facciamo un salto indietro a quando avevamo fatto un salto indietro.

Qui a Londra si diceva che il tempo vola, sono passati due anni e cinque mesi e una pugnata di giorni, dal mio arrivederci  Pragelato.
All'epoca mi piaceva usare la parola Addio, per far sembrare le cose più grandi, o forse per la gran voglia di cambiare.

Il cambiamento c'è stato eccome, quello che stavo cercando nell'inverno 2012 che mi ha fatto maturare l'idea di traslocare in terra Britannica, è finalmente arrivato.
Potrei paragonarlo alla barra del Download quando scarichi qualcosa da Internet, vedi che sta succedendo qualcosa ma non sai mai precisamente quando finirà.
Ebbene, io sapevo che il cambiamento ci sarebbe stato, ma non avrei saputo valutare i tempi.
Parlavo di mesi, forse anni, forse non sarei mai tornato, poi, come la barra del Download finisce il suo percorso, io decido che è tempo di ritornare in patria.

Non è stata una decisione casuale, non è stata una decisione impulsiva, semplicemente ho raggiunto la consapevolezza che il mio mondo è la, in montagna a 1500 metri.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.        cit.


venerdì 7 marzo 2014

TUTTI A BORDO: SI VA!

Tutti, ad un certo punto della loro vita si chiederanno, o si saranno chiesti quale potrebbe essere la loro missione terrena.
Ora, non voglio fare ne religione ne teologia, ne essere un guru ne tantomeno insegnarvi a vivere.
Di ritorno dalla mia ultima vacanza in Italia, mi sono trovato a ragionare sul mio destino, a pensare sulle scelte fatte negli ultimi anni; e non solo.
Premetto che mi trovo spesso faccia a faccia con passato e futuro, a dialogare su quello che è stato fatto e su quello che ci sarà da fare.
Molto spesso durante una seduta di corsa o di sport generico; o semplicemente tornando in bici dal lavoro.
A volte dietro ad una pinta di birra si fantastica su di un futuro migliore, tralasciando molto spesso il presente, che tanto schifo non fa.
Con la prospettiva di rimanere a Londra per sei mesi, mi ritrovo ancora qui a riflettere a distanza di quasi due anni, ad ampliare la mia schiera di amici, conoscenti e colleghi di lavoro che a volte diventano parte della tua vita.

Il lavoro, quella bestia che ti succhia gran parte della tua linfa vitale, che ti occupa in un modo o nell'altro i 3/4 della tua giornata, che ti stressa ti gratifica, ti logora e ti fa crescere.
Quanti di voi a questo punto si sono sentiti piegati, costretti ad un futuro che non era il loro?
Quanti di voi si sono adeguati consapevoli dell'ingrato destino e del fantasioso traguardo pensionistico?
Quanti di voi invece, hanno combattuto e stanno combattendo per l'ottenimento di un posto di lavoro?
Quanti di voi si sono chiesti se veramente fosse la vostra strada quella che stavate percorrendo?

Beh, a volte le soluzioni migliori sono le più semplici, ed arrivano quando meno te l'aspetti dalla persona che meno ti aspetti.

Ho sempre avuto un obiettivo nella mia vita: fare un lavoro che mi piacesse, che mi gratificasse e che non mi facesse pesare il dovermi alzare al mattino.
Quando iniziai a fare sci di fondo, ero un disastro come qualsiasi principiante, non mi tenevo in piedi ed arrivavo ultimo alle gare.

Non mi allenavo per niente e non mi piaceva neanche.

Poi, qualcosa nella tua vita cambia, hai come delle rivelazioni, e capisci che tutto sommato fare sci di fondo è come stare a Londra, non è il massimo ma non ti fa schifo.
Inizi ad impegnarti su quello che fai ed ottieni qualche piccolo risultato e soddisfazione, tanto che un giorno, il tuo allenatore Patrick ti dice: "Beh dai ragazzi, pensate che tutto quello che state facendo potrebbe essere il vostro futuro, non sarebbe poi così male potersi guadagnare da vivere con lo sport"

Queste parole a distanza di almeno 13 anni, risuonano ancora nella mia mente.

Da quel momento credo di non aver mai più smesso di fare sport e di credere che un giorno avrei potuto incentrare tutta la mia vita su questo.
Divenni Maestro di Sci Nordico ed Allenatore.

Praticai solo per un paio d'anni poi mi spostai a Londra; ma questo già lo sapete.

Da due anni combatto con la nostalgia delle montagne della neve e del poter fare sport come ho sempre fatto.
Ma questo già lo sapete.

Quello che in pochi sanno è che la rivelazione per me è arrivata da mio nipote Diego.

Come può sapere un bimbo di 3 anni quali che sono le tue passioni, le tue abitudini, i tuoi sogni?
Come può sapere lui, che per quasi due terzi della sua vita non mi ha visto, quale potrebbe essere la mia missione?

Non lo so, ma la frase che mi disse poco prima che io ripartissi un paio di mesi fa ha dell'incredibile, ve la riporto:

"Zio Manuel, non andare via, anche qui hai un lavoro; insegnare a sciare ai bambini".

Qui tutti i tuoi pensieri non contano più, la tu mente crolla di fronte a tanta innocenza, purezza e verità.

Passo tutto il viaggio e non solo a pensare a queste parole, a pensare che forse ha ragione, proprio lui che della vita non ha ancora visto niente, ma che è già così saggio.
A volte la soluzione ce l'hai dentro ma hai paura di tirarla fuori, di ammettere chi sei e cosa sei, hai paura di dover abbandonare e ricominciare.
I bambini non lo sanno, i bambini sono sinceri e neutrali; se gli fai schifo te lo dicono, se gli piaci ridono e stanno.
A volte vorrei avere la sincerità di un bambino con la ragione di un grande.

Detto questo, ritornato con un po' di malincuore a Londra, ho deciso di provare a modificare qualcosa in me, reinserendo la parte sportiva che avevo accantonato da tempo.

Ero a conoscenza da circa un anno, di un gruppo di istruttori, che davano lezioni di ski roll in High Park.
La prima volta che gli vidi, rimasi impressionato, mi chiesi come fosse possibile a Londra così tanta affluenza di pazzi su due ruote; mi limitai ad osservargli ed a visitare il loro website.

Un paio di settimane fa mi decisi invece, di curiosare e di capire di più come funzionasse questo meccanismo.
Scrissi una mail al responsabile, chiedendogli delucidazioni in merito, e date le mie referenze, chiesi se ci fosse stata mai la possibilità di entrare a far parte del team di istruttori.

Ricevetti risposta un paio di giorni dopo, con le scuse per il ritardo, e con enorme entusiasmo per la mia richiesta.
Mi invtò a provare ed ad affiancare il loro club, per avere un'idea di come funzionasse.

Sabato mattina, ore 9 appuntamento al parco.

Non posso mancare, sono la alle 8.40, impaziente ed emozionato.
Alle 9.05 arrivano scusandosi per il ritardo, timidamente mi faccio vedere e chiedo di parlare con Iain.
Lui sembra più entusiasta di me, mi accoglie come se fossi un medagliato Olimpico e mi presenta alla schiera di istruttori presenti.

Non si sprecano commenti su di me, "sembri uno sciatore vero" mi dice qualcuno, "fai sul serio" mi dice qualcun'altro.
Vengo subito a contatto con un'Italiano che vive a Londra da vent'anni, ci raccontiamo a grandi linee la nostra carriera, e mi dice subito: "tu dovresti essere ad insegnare, mica ad imparare".
Eh, penso tra me e me, dammi tempo....

Mi vestono con casco e ginocchiere, scarpe Salomon, ski roll blu di marca sconosciuta, ma moooooolto molto validi, e bastoni in ferro battuto Kv+.
Devo dire che il materiale che noleggiano è di ottima qualità.

Anche l'organizzazione è di prim'ordine, un furgoncino attrezzato  con cassette e scomparti per ski roll, bastoni scarpe caschi manopole e ginocchiere, più due posti davanti per gli zaini.

Indosso tutte le protezioni, con molto impaccio e si parte.

Qualche passo di riscaldamento e mi sento volare, sono emozionato e felice.
Era due anni che aspettavo questo momento, ed ero li, ad High Park a fare ski roll..

Mi accorgo subito che tolto qualche istruttore, il livello è abbastanza basso.

Sciamo per un paio di ore, non sentendo minimamente la fatica, capisco che sto sciando da tanto solo guardandomi le vesciche che si creano e scoppiano sulle mie mani nude.

Torniamo al pulmino e scambio un paio di parole con Iain, il responsabile ed un'altra ragazza allenatrice, che mi accenna i vari step che dovrò superare per diventare istruttore di livello 1.
Mi dice inoltre che scio bene, meglio di lei e che quindi non avrò nessun problema a superare il corso.

Il problema invece me lo creo io, perché un conto è insegnare in italiano ma un conto è insegnare in inglese in terra inglese.
Per ora non mi fascio la testa, ho prenotato il corso per la fine di aprile e saranno tutti contenti di avermi a bordo.
Insomma, ho fatto il primo potenziale passo per vivere di sport; 

La mia passione.