Lettori fissi

venerdì 13 dicembre 2013

FUORI GIRI

Sono in Italia per la seconda volta in due settimane, sono qui solo per pochi giorni, giusto il tempo di aggiornare la mia qualifica di maestro di sci e poi tornerò a Londra.

Come tutte le volte che torno in stagione invernale, non posso evitare di fare una full immersion di sci.

Ieri sera alpinistica in notturna vecchio stile, con il socio di alcune gare e trasferte: Cala.

Partenza dal centro fondo di Pragelato alle ore 17.30, rigorosamente con luci frontali che non fanno luce.
La mia era pari al flash della fotocamera di un Nokia 3310, quella di Cala, un pò meno potente.

Per pigrizia di non togliere gli sci al guado di Pattemouche, decidiamo di proseguire fino al ponte e di salire dal boschetto.
Non passa molto che ci troviamo abbarbicati sul pendio con nessun'altra via d'uscita che.. toglierci gli sci ed arrampicarci sulla massima pendenza.
Insomma con Cala, nulla di nuovo.

Ci lasciamo alle spalle il pezzo più brutto e proseguiamo su pratoni poco segnati fino a raggiungere la strada battuta dai cingoli del gatto.
In poco tempo, raccontandoci dei mesi passati, arriviamo alla partenza dello ski lift Cristallo, ormai in disuso.

Le mie condizioni di salita, non sono delle migliori.
D'altronde, dopo quasi due anni di inattività, non potevo aspettarmi di essere un fiorellino.

Ho una sola marcia di salita, il fiato è corto ma perlomeno non ho dolori lancinanti che mi pervadono il corpo.

Poco male, arrivo in punta allo Smeraldo, mi godo per qualche minuto le luci del Sestriere le stelle e soprattutto il silenzio; che a Londra non esistono.

Cala si fermerà poco sotto battuto dalla paperella del bastone.
Scendo, lo raggiungo e spello.

Iniziamo la discesa al buio delle nostre frontali da mezzo wat e subito Cala prende il largo.
Mi trovo a combattere con buio e neve non proprio facilissima; soprattutto quando a metà discesa le gambe ti si ghisano ed iniziano a bruciare come il peperoncino di Brix.

Facciamo una pausa tecnica  per rilassarmi la muscolatura in fiamme e ripartiamo proseguendo fino alla fine.

Al fondo, arriva il Friky con la motoslitta per un controllo ai cannoni dell'innevamento.
Ne approfittiamo, ci attacchiamo uno a destra e uno a sinistra della motoslitta e ci facciamo trainare fino al Plan.

Bella gita grazie Cala.

E' oggi, voglio andare a farmi un giro con gli sci da fondo, mi alzo dal letto e miracolosamente come se avessi dormito nella camera rigenerativa di Goku, non ho nessun dolore.

Ho solo un freddo polare, forse dovuto alla notte passata a 10 gradi.

Colazione the e biscotti, mi metto la tutina arancione, prendo sci e bastoni e salgo in macchina fino al Plan.
L'obiettivo è l'Alpe Meys, il punto più alto della pista turistica della Val Troncea.
Sono convinto e determinato, ho voglia.

E' un'itinerario che quando mi allenavo non ero solito fare regolarmente, vuoi un po' le condizioni della neve non sempre favorevoli, vuoi un po' il percorso costantemente in salita che taglia le gambe e la voglia.

Oggi sono motivato, so di essere fisicamente limitato rispetto a qualche anno fa, ma voglio farlo, e voglio metterci anche poco.
E' una cosa che non mi è passata, quando metto gli sci per me vuol dire competizione.

Apro la zip delle mie scarpe arancioni, ed una montagna di ricordi ritornano alla mente.
Quanti momenti passati con quelle scarpe addosso, quante emozioni vissute con loro.
Le indosso e mi sembra di non avere mai smesso, sento ancora il male che fanno ai mignoli ed il freddo che entra come se fossi scalzo.

Le allaccio quasi ad occhi chiusi, perchè ormai si allacciano praticamente da sole.
Hanno le pieghe persino sui lacci, a ricordare dove devo chiuderle.
Allaccio anche il gambaletto, in 2 riprese come al solito; non penso più a niente, esco con gli sci in mano, impugno i bastoncini swix, aggancio gli sci di tanti allenamenti ed inizio a spingere.

Sfrutto ogni centimetro di spinta che riesco a dare, ed ottimizzo la scivolata nei minimi termini.
Il percorso è tutto un crescendo di salita, con qualche pezzo in piano che spezza il ritmo, ma a me spezza solo di più le gambe.

Un tempo sarebbe servito per recuperare, adesso serve solo per farti ricordare che sei fuori forma.

Il fiato è lungo, ma non mollo, perchè non l'ho mai fatto e non ho voglia di arrendermi adesso.
Le braccia non fanno più male come i primi dieci minuti, il cervello ha spento i recettori del dolore che sono concentrati a ridurre i giri del motore quando chiedo troppo gas.
In punta agli strappetti, entra il limitatore che mi fa arrestare la spinta ma non mi fa rialzare, rallento ma continuo a spingere.

Durante questa salita penso che vorrei aver avuto a 16 anni la maturità e l'esperienza di un trentenne, fusa con la spensieratezza e l'ingenuità di un ragazzo alle prime armi.
Penso che i veri talenti, non siano quelli fisicati, ma quelli che riescono da giovani a fondere tutte queste qualità in una sola persona.

Sono due anni che non mi alleno, ho il fiatone come dopo un frazionato di 3 minuti, ho le braccia che bruciano come dopo 40 minuti di sole spinte e le gambe; le gambe reggono il colpo alla grande.

Sono alle fonderie in poco più di 20', alle lendiniere in 40' e penso che all'Alpe Mey non ci arriverò in meno di un'ora.

Arriva il pezzo più critico, una lunga salita interminabile, che sembra finisca solo li sopra, dietro la curva, ma in realtà non finisce mai.

La si patisce in bici, a piedi, di corsa e con gli sci.

Se non la conosci MUORI.
Se non ti dosi SALTI.
Se non la scii TI PIANTI.

L'ho rispettata fin dall'inizio, forse anche con un po' di paura, l'ho affrontata come sempre in lenta progressione fino ad arrivare in debito d'ossigeno al punto più alto.
Non è ancora finita, una breve discesa di recupero e poi l'ultimo strappo per arrivare alla bergeria.

E' fatta, ormai sono in punta.

Ci sono arrivato decine e decine di volte, ma oggi ha un valore aggiunto.
Ha valore dentro di me, per me.

Cinquanta minuti per arrivare in punta.

Sono soddisfatto.
Mi godo un paio di minuti il paesaggio innevato circostante, poi mi fiondo in discesa come sempre.
Mi metto a uovo nei binari e penso al passato.

Una ventina di minuti di discesa interrotta dalla piccola variante di Laval e sono di nuovo al punto di partenza: lo stadio del fondo.

1h e 15 minuti il totale.

Decisamente non male per un turista.












lunedì 4 novembre 2013

"END SHIFT"

Circa un anno e 6 mesi, approssimativamente 545 giorni e ben poco più di 13.000 ore passate li, a King's Road.

Ieri, 3 Novembre 2013 si è concluso un capitolo importantissimo della mia vita, nonchè della mia esperienza Londinese.
Iniziato non proprio nel migliore dei modi, è stato poi un susseguirsi di eventi positivi che mi hanno portato fino ad oggi.

Sono stati giorni intensi, settimane pesanti con molti alti e bassi.

Tanta la tensione, la voglia di mollare tutto e tornare a casa, perchè in fondo a chi avrebbe fatto piacere vivere in affitto in 7 metri quadri umidi spendendo 3/4 del tuo stipendio per di più guadagnato faticando come uno schiavo egizio al tempo delle piramidi.

No, non era la vita che mi ero immaginato qui a Londra.

Poi arriva un giorno, ti svegli e tutto ti sembra diverso.

Un pò come quel giorno che decidi di prendere le tue cose e sparire per un pò; sei mesi, un anno, forse più.
Quel giorno, ti svegli e sai fare i cappuccini, riesci anche a dare un senso alle parole che dice la gente intorno a te.

Ti sembra allora che non sia tutto grigio e buio, ti rialzi in piedi e ricominci.

Nuovi ostacoli da superare, problemi da sistemare e tensioni da risolvere.
Arrivano anche le gratificazioni ed i meriti, inizi a sentirti quasi a casa.
Vedi arrivare nuove persone all'interno del team, le conosci, apprendi dai loro insegnamenti, e dai tuoi sbagli, le vedi anche mollare, andarsene od essere trasferite.

Tu sei ancora li, una pedina di Kings'road.

Non conosci niente del sistema, e fai previsioni sul dove potrà essere la tua prossima casa, il tuo prossimo negozio o il tuo prossimo collega.
Passano i giorni, le persone più vicine a te lasciano King's Road, Valeria torna in Italia, Kristina viene trasferita a Westfield e Raffaele? Lascerà Londra.
Angelo, Angelo andrà a Cipro per un mesetto, poi in Sicilia a passare l'estate e poi tornerà a fare parte del vecchio team.
Andrea è a Fulham Chelsea, Kamila ad Hammersmit Broadway.
Nuove pedine si affacciano sulla scena a King's Road, chi resta, chi prova e se ne va.
Sonia, arriva da Fulham Chelsea e resta.

Lei, svolgerà un ruolo molto importante come collega, ma ancora più importante sarà il suo ruolo al di fuori del negozio.
Anche Kristina, che ci era stata data in cambio di Angelo il latitante, resterà con noi.

Tu, sei ormai diventato quasi come il portinaio della palazzina, conosci tutti ma non conosci nessuno.
Cioè, sai chi sono, sai che cosa bevono e dove lavorano, ma non ti sei mai sbilanciato oltre.
Un pò frenato dalla lingua, un pò dal fatto che fondamentalmente sei uno a cui i fatti degli altri non interessano più di tanto.

Ormai è routine, conosci ogni singolo angolo di quel negozio, sai anche dove si annida maggiormente la polvere e la lanetta.
Dai un nome alle piastrelle, al frigo ed alla macchina del caffe, ti inventi di essere James Bond quando tieni in mano la "pistola" per la panna montata, o un serial killer, quando punti il laser per rilevare le temperature ai frigo.

Chiudo gli occhi e vedo i Loaker sullo scaffale della stock room, lo zucchero li in basso a destra e la in alto tutti i tipi di the, più una fantastica collezione di dicaf the che per sbaglio è li da mesi.

C'è ancora il mio pollo nell'ufficio, il  pollo giallo che Barbara mi ha regalato quando sono tornato in Italia l'ultima volta.

Queste poche righe sono oltre che come promemoria personale e non, per dire grazie a tutti coloro che in un modo o nell'altro hanno contribuito alla mia crescita in King's Road.
Adesso è tempo di affrontare una nuova sfida, nuovi problemi ma anche nuovi obiettivi.
Il mio shop sarà Chiswick 2, a pochi anzi pochissimi minuti di bici da casa mia.
Non so come sarà, ma di sicuro darò il meglio di me.






martedì 22 ottobre 2013

NON SOLO TEMPO DA MURO A BERLINO

Fa strano arrivare all'aeroporto di Stansted con il sole già alto nel cielo e cercare sugli schermi delle partenze Berlino invece di Torino.
Poche le lettere che differenziano le due città, ma molte le differenze culturali e storiche.
Bene, dopo aver fatto questa bellissima premessa toccante e melodrammatica, passiamo alla fase divertente di questa breve ma intensa vacanza.
La compagna di viaggio questa volta sarà la signorina Aimonetto, che chiameremo con un
nome di fantasia: Brix.

Si atterra a Berlino, con lievissimo ritardo, soli 45 minuti a sfatare il mito della precisione teutonica.
Si comincia bene, l'Italia passa subito in vantaggio per 1-0, l'arbitro fischia ed è palla al centro.

L'aeroporto di Schonefeld, è piccolo e discreto, usciamo e con orgoglio nostrano, cerchiamo una mappa della rete dei trasporti pubblici della città per recarci all'albergo situato in Charlottenburg.
Notiamo subito una lievissima difficoltà nell'interpretare la rete di colori e sigle che
distinguono linee di bus, metro, tram, taxi, camion, bici e risciò.
Una decina di minuti e siamo subito sul pezzo, aspettiamo il bus 171 che ci porterà alla prima stazione metro utile per risalire la città.

In questo momento ci troviamo a sud-est, saliamo sul pullman e la pigrizia dell'autista mista all'ingenua onestà italica, ci risparmia il biglietto di andata.
Scendiamo alla prima fermata che ci piace e camminiamo in direzione Rudow, dove prenderemo la nostra prima metropolitana Berlinese.
Nelle ore successive ci accorgeremo anche di come sarà complicato orientarsi in questi cunicoli sotterranei.

Dopo 27 fermate ed un pisolino arriviamo a destinazione, scendiamo, tentiamo di orientarci in mezzo a decine di strade e stradine con nomi cacofonici ed impronunciabili.
Rendiamo grazie al signor Klaus Wowereit, sindaco della città, che con la precisa segnaletica, ha fatto si che l'orientamento divenisse ora dopo ora sempre meno difficile.

Arriviamo all'Haubach Hotel, dove in un perfetto tedesco, la signora alla reception, ci da il benvenuto, ci illustra le uscite di sicurezza, le manovre in caso di incendio e di ammaraggio, nonchè la nostra stanza.
Cerchiamo di instaurare una conversazione ma lei, con occhi pieni di lacrime e terrore ci implora dicendo "NO ENGLISH PLEASE".
Nella nostra mente una sola cosa risuona:
"Sono 18 mesi che sono a Londra per imparare l'inglese ed essere così in grado di comunicare con le popolazioni mondiali senza troppe difficoltà; e poi... mi sento dire "NO ENGLISH?"

L'arbitro fischia, tira fuori il cartellino giallo ed è subito 2-0.
Palla al centro, la Germania insegue.

Usciamo dalla stanza dopo esserci sistemati; la camera non è molto grande; io scelgo la parte Est mentre Brix inizia a spargere la sua roba creando una cortina di vestiti nella parte Ovest.


Letto Ovest e letto Est
 
Usciamo firmando un'accordo di non belligeranza e ci rechiamo in un bar locale per rifocillare le nostre stanche membra di Trimetilxantina, più nota con il termine di caffeina di cui il caffè ne è ricca.
Optiamo per un cappuccino, e la deformazione professionale, ci porta subito a criticarne la notevole abbondanza di bolle e di schiuma più simile al residuo di docciasciampo al termine della doccia.
Siamo in vacanza, e firmiamo un'altro armistizio con Caffe Nero, promettendoci di non parlare di lavoro fino al termine dei 4 giorni.
L'accordo viene rispettato credo per 27 minuti e qualche secondo, fino a quando in un centro commerciale, alla disperata ricerca di un'adattatore per le prese di corrente da tedesca ad inglese, ci imbattiamo in uno scaffale pieno di sciroppi Monini, con gusti mai sentiti prima d'ora. 
Gonfissimi come un cappuccino tedesco, scattiamo una raffica di foto da perfetti imbecilli.




Ci svestiamo dagli abiti da turisti Giapponesi e ci fiondiamo a cercare il maledettissimo adattatore, e tra lavatrici, forni a microonde e stereo lo troviamo in poco più di mezzora.

Il seguito, sarà una doccia veloce, ed una cena in un pub locale con generosissimi piatti di specialità Berlinesi, accompagnati da boccali di bevanda derivata dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces cerevisiae o Saccharomyces carlsbergensis di zuccheri derivanti da fonti amidacee, la più usata delle quali è il malto d'orzo; piu comunemente chiamata Birra.



Immagine di repertorio

Il giorno successivo, sarà quello più impegnativo; si camminerà tutto il giorno evitando a piè pari i mezzi pubblici, che oltre ad essere di difficile interpretazione, sono anche molto costosi.
Una bella marcia fino al cuore dalla città, il modo migliore a mio avviso per godere di tante meraviglie e particolarità che altrimenti, andrebbero perse.
Non ci siamo fatti mancare la splendida vista dalla Berlin Victory Column, che con una donazione di 2 Euro ed una breve scala a chiocciola, raggiunge i 67 metri di altezza, offrendo una visione a 360° sul parco circostante.






Interessante come durante l'impegnativa salita, ci siano ad intervalli regolari, delle panchine su cui riposarsi e rifocillarsi, che si fanno sempre più piccole man mano che si sale.
Sono state adoperate da me per scattare qualche foto in vista del calendario in Brail per l'anno 2014/15.





Scendiamo e proseguiamo sulla Strasse des 17 Juni, che ci porterà alla Brandenburger tor, ovvero la Porta di Brandeburgo; caratteristica la visione notturna che la illumina di colori e disegni.
Apprendo in seguito che è il monumento più famoso della città di Berlino.

Brandenburger tor in veste notturna

 Sono tante, troppe le cose che potrei scrivere sulla visita di Berlino, ma non vorrei essere noioso e tediante, quindi concludo la parte culturale con l'arrivo in Alexanderplatz, un misto tra colori negozi e culture che non si capisce più se si è in Germania, in Piazza Castello o in Piazza Fontana a Pine.


Alexanderplaz

Molto bene, dopo questa mielosa descrizione dell'aspetto architettonico-culturale Berlinese, posso anche decretare un punto a favore della Germania, che alla fine del primo tempo insegue per il risultato di 2-1.


BERLINO PARTE SECONDA


La nostra giornata incominciava con l'unico pasto compreso nel prezzo del pernottamento: la colazione.
Situata in una piccola veranda, il reparto colazioni offriva una discreta scelta per tutti i palati.
Tra pane, fette biscottate pacuffe e biscotti simil pavesini, ci si poteva sbizzarrirealla grande;
non mancavano i vassoi di speck affumicato, uova sode, formaggio e cetrioli.
Con un comodo re-fill, potevi anche aggiudicarti una discreta tazza di the.
Lo yogurth con i cereali era un must per incominciare bene la giornata.

La signora tuttofare che si occupava della gestione tazze e piatti sporchi, da quanto ho capito era laureata in tetris, specializzata in shangai, con addirittura un master all'università di Pekino in sudoku da competizione.
Era il genio dell'incastrare piatti bicchieri e posate, al fine di ottimizzare i tempi di sgombero tavoli, dal punto che con i suoi 7 coperti, la coda per la colazione non era da sottovalutare.
Non credo di averla mai sentita parlare, non solo con noi forestieri, ma neanche con gli indigeni.

La colazione, è parte fondamentale per il risveglio dei 5 sensi di una persona, è importante per riattivare il cervello e le funzioni vitali in vista della giornata che sarà.In questo breve istante della giornata, si valuta anche l'abbigliamento da tenere in relazione al meteo giornaliero.

Per fare ciò, si può agire in due modi:

Studiare i fenomeni fisici che avvengono nella troposfera quali lo studio dei parametri fondamentali delle leggi fisiche o processi che intercorrono tra essi come temperatura dell'aria, umidità atmosferica, pressione atmosferica, radiazione solare e vento; confluendo all'ideazione di modelli matematici in grado di ottenere una previsione o prognosi a breve scadenza dei vari fenomeni atmosferici (nubi, perturbazioni, vento, precipitazioni ) su un dato territorio; 

Guardare fuori dalla finestra. 

La seconda opzione potrebbe risultare decisamente più facile, se non si calcola il quoziente intellettivo ridotto dei due soggetti, che per due mattine di fila, guardando dalla finestra della veranda, continuavano a vedere uno strano grigiore tipico Londinese; non capacitandosi del perchè poi in realtà una volta fuori, non fosse così brutto come potevano aspettarsi.

Scoprirono solo in seguito, che quello che avevano osservato con tanta attenzione non era nient'altro che il muro della casa accanto....
Ecco che nasce così l'espressione; "Che tempo da Muro".

A proposito di muro, voglio condividere con voi frammenti di muro, quel muro che fu eretto nel 1961 e che per 28 anni divise la città in due parti.
Ad oggi, come sapete sono stati conservati frammenti di quei blocchi di prefabbricato in cemento armato, che sono stati dipinti da artisti e imbrattati da vandali.
Si, purtroppo oggi sono rari i murales non imbrattati con scritte e scempi di ogni genere.





In alto ed in basso: panoramica di muro
A sinistra: Pezzi di muro in città
A destra: Targhetta all'inizio del muro attualmente ancora in piedi.


L'ultima colazione ci sentivamo ormai a casa, avevamo capito che per guardare il meteo bastava alzare la testa e potevamo anche vedere il cielo; una conquista da non sottovalutare.
La nostra preoccupazione a questo punto era solo chiedere alla reception se potevamo lasciare gli zaini da qualche parte dato che il volo sarebbe stato la sera alle 22.

Ci affacciamo alla reception, e scopriamo che non c'è la solita signora ma bensì, una Tetesca di pura razza ariana che con savoir faire ci squadra e ci dice: "Pay please".
Sbigottiti, ci avviciniamo e chiediamo : "Sorry?
In un misto tra inglese e tedesco, molto più tedesco che inglese, la signorina Rottermaier, ci dice che il check out sarebbe dovuto essere domenica e non lunedì, quindi avremmo dovuto pagare una notte in più.

Gelo improvviso, controllo la mia prenotazione e come nella finale Europea tra Italia e Francia del 2000, quando Wiltord trova un gol con un tiro rasoterra angolato che supera Toldo, la Germania pareggia e si va ai supplementari; aveva ragione lei, 2-2 palla al centro.
Tutto da rifare.

Paghiamo 50 euro, e ci godiamo l'ultima giornata passeggiando per la città tra negozi di scarpe e negozi di scarpe, ci imbattiamo anche in un negozio di scarpe, dove stranamente vendono scarpe; Brix ne compra anche un paio.
Un paio di Dr.Martins del '13, sembra il nome di una fuoriserie americana, a me ricorda il nome della Delorian, la macchina di Doc nel film "Ritorno al futuro".
Siamo ancora in cerca degli ultimi "pensierini" per amici e coinquilini, e tra vari negozi di scarpe, ci troviamo stranamente in un'altro negozio di scarpe, dove non vendono souvenirs ma bensì delle scarpe.

Diciamo basta alle scarpe ma sembra di essere nel paese dei balocchi per lei, o in un girone Dantesco dell'Inferno per me.
Mi giro e vedo solo scarpe e stivaletti, mi sento perso e solo.
Poi, quando tutto sembra perduto Brix riprende possesso delle sue facoltà e decidiamo di ritornare all'albergo per prendere i bagagli.
Salutiamo la signorina Rottermayer e con un 5-3-2 scendiamo nella metro.

Siamo in difensiva, facciamo anche il biglietto per non lasciare spazio ai tedeschi di segnare il goal della vittoria.
Ci spariamo quelle cinquecento fermate di metro, dormo anche un paio d'ore, sembrano giorni.
Sembra che la metro ti porti direttamente a Londra, siamo entrati con il sole e scendiamo che è ormai buio; siamo ormai 5 sul vagone, io, Brix, Klaus, Franz e Remo.

Scendiamo dal treno saliamo in superficie ed aspettiamo il bus per l'aeroporto.


Vagone interminabile della metro
                                                                                                                   
Tentiamo di identificare l'Autobus che ci porterà all'aeroporto, ma ormai privi di forza decidiamo di chiedere ad un'autista simpatico e pacioccone, che ci dice di aspettare l'X7.

Ci sediamo ed aspettiamo per 14 minuti, dove a farci compagnia, arriva un simpatico omone che in lievissimo stato confusionale dovuto probabilmente all'eccessivo consumo di sostanze di tipo alcolico, più precisamente birra; se la ride di brutto sgranocchiando una specialià tipica dei ristoranti cinesi: le nuvole di drago.

L'X7 arriva, munito di biglietti alla mano glie li mostro all'autista chiedendogli se sono validi, neanche gli guarda e mi fa cenno di sedermi; l'arbitro fischia, è rigore.

Il pallone finisce in rete ed è goal.

L'italia porta a casa un 3-2 in tempo supplementare.

Il pilota sale sull'aereo, fa manovra, mette la prima e si decolla.

Prossima fermata stazione di Londra Stansted.

Cosa ho imparato da queste vacanze:
  • Magari tu non ti ricordi le cose, ma il Karma si;
  • A Berlino ci sono tante stallone Bionde;
  • A Berlino, tra le stallone c'è anche qualche Kartoffeln;
  • In metro non si può ridere a meno che tu non sia turista;
  • Anche se sei turista e ridi in metro non devi farlo troppo esplicitamente;
  • La birra in aeroporto costa meno dell'acqua;
  • Polizia si scrive Polizei;
  • Se fai una prenotazione online, assicurati che i giorni siano quelli che pensi siano;
  • Per viaggiare non serve sapere l'inglese, ma aiuta;
  • Se devi fare la pipì per strada non è così facile trovare un muro;
  • Nella metro c'è la tv che trasmette pubblicità intervallata da qualche news;

Questa vuole essere soltanto una riflessione ironica personale sulla gita di 4 giorni in una splendida città, che ha sicuramente molto di più da dare di quanto io abbia potuto vedere in poche ore da turista.

L'ironia con la quale ho affrontato certi argomenti, non vuole sottovalutare l'importanza storica dei fatti realmente accaduti.

Questo articolo è stato scritto senza la volontà di giudicare o discriminare popoli, persone o culture.

Grazie per l'attenzione, alla prossima avventura.













































domenica 15 settembre 2013

UN ANNO E 5 MESI DOPO

Buongiorno, mi sveglio con l'occhio destro gonfio per non so quale strano motivo nel letto che da una settimana non è il mio.

A dire il vero è da metà luglio che condivido camere e letti.
Chi, a Londra può permettersi di avere la scelta di dove andare a dormire?
Beh, anche questa è Londra, chi ha bisogno è ospitato e chi ha la possibilità ospita.

Qualche mese fa ero io a chiedere "asilo politico" a Sonia, che mi concesse la sua camera da letto, sacrificandosi a dormire su un divano in mezzo a ragazzi insonni.

Molte volte ripenso al 18 Aprile 2012, quando per la prima volta atterrai nella capitale Britannica.
Quante cose sono cambiate, e quante ancora cambieranno.

Mi ricordo la prima casa che andai a vedere ad Hammersmith, un buco di cantina con un buco di cucina, con un buco di bagno, il tutto rigorosamente condiviso, privo di tavoli e con tracce di muffa e roditori compresi nel prezzo e nell'arredamento.

Non c'era un'armadio degno dello stesso nome, ma c'era un sacco di immondizia.
Pensavo a casa mia in Italia e mi veniva da piangere.
Mi chiedevo del perchè avessi dovuto fare una decisione del genere.

Mi ricordo a quanto fu difficile contattare le persone che affittavano stanze, scrivere loro messaggi di senso compiuto; e sperare che rispondessero.

Mi ricordo la mia prima camera da letto a Tootin Bec, un buco di 7 metri quadrati con vietato accesso alla living room e obbligo categorico assoluto di abbassare sempre (e dico SEMPRE) la tavoletta del WC dopo aver fatto pipi, perchè a lei, Agnes faceva schifo tirarla giù.

Ripenso a come ero perso e spaesato in mezzo a queste strade quasi prive di nome.
Quando incontrai Philip per la prima volta, mi attaccai a lui come un Koala per non perdermi e per non perdere la scialuppa.
Mi ricordo a come tutto era difficile (non che adesso non lo sia), anche chiedere l'ora sembrava un'impresa titanica.

Mi ricordo L'Apple store di Covent Garden come il check point per la lettura e l'inoltro dellae e-mail.

Mi ricordo la mia prima birra, sempre ad Hammersmith con Valeria.
Dopo sei mesi di Londra, mi concessi questo lusso.

Mi ricordo la mia prima pizza al ristorante, pochi mesi fa con Fabrizia.

Mi ricordo che per sei mesi mangiavo con meno di tre pounds per giorno, a forza di insalate, sono quasi diventato vegetariano.
Mi ricordo la prima spesa alla Lidl in compagnia di Sonia (un'altra Sonia) per l'esattezza a Mile End, dove per un semplice pranzo spese ben 10£!

Mi ricordo quanto era comoda la Lidl, ma quanto era distante la vita di Londra.

Mi ricordo quando per la prima volta, andai al Caffe Nero di Covent Garden a dire che avrei dovuto iniziare a lavorare, ma nessuno sapeva niente; mi gelò il sangue, ma solo dopo scoprii che avrei prima dovuto frequentare un corso di due giorni.

Mi ricordo come fu difficile seguire e capire quello che Marcela, la nostra insegnante ci spiegava.
Mi ricordo che mi scrivevo in tempo reale tutte le parole che non capivo, e nelle pause, vocabolario alla mano me le traducevo per capire cosa avesse detto mezz'ora prima.
Sembravo il giornalista del Times ad una conferenza sul nucleare.

Mi ricordo il mio primo giorno dietro il bancone con Ghintaras, del quale non capivo una parola di quel che mi dicesse; oggi a ricordare quei due giorni ci si piega dal ridere; è addirittura nato un tormentone in merito.

Mi ricordo il mio primo giorno effettivo da red t-shirt in Westfield; la morte.
Mi ricordo il mio primo giorno in King's Road, ad urlare contro il mio manager che oggi è diventato più che un manager, molto di più.

Tante volte, ripenso a quello che è stato e sono contento.

Ieri, dopo un'anno e 5 mesi ho tenuto il mio primo colloquio a due potenziali candidati in cerca di lavoro.
Un enorme traguardo per me che un'anno e 5 mesi fa non sapevo neanche cosa volesse dire "Doesn't matter".

Ripenso che se il mio colloquio fosse stato in inglese, molto probabilmente adesso sarei a Pragelato.

Ieri più che in altri giorni, è stato un balzo indietro di un anno e 5 mesi, dove ripenso a quanto fui fortunato a conoscere Elena, che in un certo senso mi aprì le porte verso questo mondo.

Penso a come la vita segua un percorso, una direzione, solo perchè noi in prima persona la indirizziamo verso la nostra meta.
A volte consciamente, a volte no, ma in entrambe i casi, non bisogna smettere di guardare quello che c'è stato dietro, per capire quello che succede adesso.

Buongiorno.

lunedì 5 agosto 2013

MELONE O ANANAS?


Ogni tanto ti senti come intrappolato in te stesso, intrappolato in quello che sei sempre stato.
Abituato ad alzarti la mattina, andare a scuola o al lavoro, sapere che la tua giornata è basata su punti fissi, che non puoi cambiare.

Non Vuoi cambiare.

Perchè uno dovrebbe essere spinto a cambiare, se le cose tutto sommato "vanno"?
Non lo so, in effetti ci vorrebbe un'attenta riflessione in merito, arrivando ad una sola certa conclusione: che la teoria che abbiamo elaborato, può essere smontata in un secondo da chiunque.

Quindi, perchè uno dovrebbe cambiare quello che.. "va"?

Perchè potrebbe andare meglio, si, ma se è per questo, potrebbe andare anche peggio..
Allora perchè uno decide di cambiare strada?

Beh, è un po come quando scegli il melone al banco del mercato; lo prendi, lo annusi, ci picchi sopra con le nocche e poi lo posi.
Fai così con in media altri 2, per poi sceglierne un quarto.

Non lo sai se è maturo o ancora verde, ma lo prendi perchè ti piace, hai voglia di melone e ti ispira.

Così sono le decisioni.

Non saprai mai se sono giuste o sbagliate, mature o acerbe, fino a quando non le prendi in mano concretamente e le sperimenti.

Puoi fare calcoli, essere celebrale come me, schematico e razionale, ma non avrai mai la certezza di fare la scelta giusta.

E' come il paperwork la domenica, non sai quanto sarà il tuo missing margin, ma puoi solo fare il tuo meglio per limitare i danni.

Siamo fatti di scelte, di sogni e sorrisi come c'è scritto sulla porta di casa mia.
A volte questi sorrisi sono pianti, sono lacrime di rabbia, a volte sono sorrisi di gioia e di soddisfazione.

Nulla è per caso, tutto è in movimento ed è mutevole, come nella chimica.
Il problema è che nulla nell'uomo è governato da leggi matematiche.
A volte ti succede qualcosa, e non sai motivare il perchè.

Tiri in gioco le leggi di causa ed effetto, il quale sostengono che da ogni causa messa nel passato, qualunque passato, ne otterrai un'effetto nel futuro.

Interessante, ma a volte sarebbe anche piacevole capire qual'è stata quella causa che mi ha portato a quell'effetto.

Mi viene in mente un esempio che mi tocca molto da vicino.
Negli ultimi 12/13 anni, per grandissima parte dell'anno, ero abituato ad allenarmi per quelli che erano i miei obiettivi; le gare di fondo.
Ogni giorno era incentrato su un'allenamento, dalla corsa alla camminata in montagna, dal nuoto alla bici.
L'importante era comunque fare qualcosa.

Sostanzialmente, seminavo le cause (allenamento) per riceverne gli effetti (essere pronto per la stagione invernale).

Molte volte però, gli effetti non erano quelli desiderati, non ti spiegavi perchè pur avendo preparato tutto nei dettagli, non ottenevi il risultato sperato.
Ti sentivi bene, in gergo "in forma", ma forse non era così.

Questi pensieri, questi ragionamenti, mi escono adesso così, dopo una vacanza in Italia di 15 giorni, dove senza alcun allenamento e preparazione specifica nell'ultimo anno, mi sono ritrovato ad ottenere dei risultati sportivi sostanzialmente uguali o di poco inferiori al periodo in cui ero allenato.

Per assurdo, alcuni tempi, sono addirittura risultati migliori.

Per dire questo, mi sono basato su tempi e percorsi che ero abituato fare quasi quotidianamente.

Mi viene quindi da pensare, che ho sempre allenato il mio corpo ad essere stanco, o comunque a sopportare la fatica, ma mai a migliorare la prestazione.

Quanto detto, è per arrivare al punto di partenza e cioè che uno fa le cose che è abituato a fare perchè ha paura di cambiarle.
Continuavo ad allenarmi senza dare al mio corpo la possibilità di esprimere le sue idee.
Lo zittivo con una corsa o con una sciata.
Non volevo modificare i miei piani di allenamento, non volevo uscire dallo schema, non volevo scegliere il melone numero 2 al banco del mercato.

E poi un giorno, di punto in bianco, ti stufi di mangiare prosciutto crudo e melone, anche perchè il prosciutto crudo non ti è mai piaciuto.

Decidi di provare l'ananas, ma anche li, non saprai mai se sarà maturo o acerbo.
Provi a fare la prova della foglia, se tirandola si stacca è maturo.

Ne prendi uno, due, tre, se tiri la foglia si stacca per forza, quindi non sai di nuovo come decidere.

Prendi il famosissimo quarto, che non è un numero che mi piace, ma è statisticamente provato (da me) che è così. (no non so se è vero, ma mi piace).

Lo porti a casa lo peli, ne butti via tre quarti, perchè l'ananas è bastardo, c'è più scarto che buono, ma è la legge dell'ananas.

Lo mangi e ti piace, è anche dolce, ci metti sopra un po di zenzero in polvere e succo di lime.
Ti si apre un mondo, da dolce diventa dolcissimo anzi dolcerrimo.

Sei contento di aver cambiato, e sei soddisfatto della scelta.
Magari anche un pò fortunata, ma con lo zenzero ed il lime, c'hai messo un po' di tuo per far si che il tutto diventasse più rotondo.

Potrai sempre tornare a mangiare prosciutto crudo e melone, magari quello di stagione che costa di più ma è anche più buono.

La morale è che non importa se sei melone o ananas fuori, ma devi essere maturo dentro.





martedì 2 luglio 2013

ios7: iosClero

Quando uno entra nel circolo dell'Apple, i casi sono due: o diventa azionista di maggioranza comprandosi qualsiasi accessorio con una mela disegnata sopra, oppure, entrato a far parte di questa grande famiglia, ti accorgi che non ne puoi più fare a meno.
Le differenze tra le due categorie sono minime, ed il confine è labile.

Io, appartengo al secondo insieme,  il mio Boss, (di cui non faccio il nome), al primo.

Lui, potesse si comprerebbe anche la carta igienica marchiata Apple, non è detto che pulisca meglio ma di sicuro gli strappi sarebbero di qualità superiore.

E' sempre aggiornato su qualsiasi cosa di tecnologico esca sia uscito o stia per essere inventato.
L'ultima trovata di casa B....., è stata l'installazione sul suo iPhone 5 del nuovo software ios7.

Non ho ancora capito se sia una versione sperimentale o se sia già ufficialmente uscita, fatto stà che ovviamente, lui non ha aspettato ne uno ne due per installarla et voilà; nuova grafica nuove applicazioni nuove funzioni.

Una figata, perchè è risaputo che quando una cosa è nuova, oltre ad essere piu bella... è nuova.
Non ci penso troppo nemmeno io, e gli chiedo se è possibile installarla anche sul mio iPhone4, che è si 4 ma "S", come la Porsche Cayenne.

Mi dice di si, domani porto il pc e lo facciamo; sono proprio fortunato penso io.
Il giorno seguente, venerdì per la precisione, gli do il telefono e in 20 minuti ed una manciata di secondi, mi aggiorna il dispositivo.
In pratica ha travestito un iPhone 4S in iPhone 5; come a carnevale.

Sono gonfio come una marmotta a fine estate,con queste nuove funzioni questi nuovi colori, che per giunta, non ha ancora nessuno.

Noto subitissimo, che è un po' più lento del solito, ma ci sta, alla fine è come mettere su una Punto i sedili e gli interni della Punto Abarth.

Vabè, gli dico che l'avrei provato e se poi proprio proprio non sarei stato soddisfatto, avrei sempre potuto tornare indietro.

La sessione trial dura pochi giorni, anzi, l'avrei fatta durare anche solo poche ore, perchè quando una cosa non è funzionale, te ne accorgi subito.
Da lento, diventa lentissimo, non riesco ad aprire due app insieme e se qualcuno mi scrive su Whatsupp non riesco ad aprire Facebook; insomma una versione per comunità di recupero da tossicodipendenti da social network.

Ho evitato di sbattere violentemente l'aggeggio contro una parete di cemento per due ovvi motivi:
il primo, è stato per rispetto dell'Apple;
il secondo è che qui non esistono pareti di cemento.

Ormai, sono al limite della sopportazione, perchè quando sei abituato a viaggiare a 100 allora, e di colpo ti impongono di fare le stesse cose che facevi prima, ma con velocità limitata a 40; beh, la scimmia ti sale, la vena si apre e non c'è religione che tenga.

E' un po come far giocare la finale dei mondiali di calcio contro la Germania, alla squadra riserve del Pro Vercelli con la maglia del Brasile.

Quindi decido, è ora di ritornare alla tanto bella versione di ios6.
Collego il dispositivo ad iTunes, disattivo "Find my iPhone", (procedimento obbligatorio) e clicco inizializza.

Un messaggio mi avvisa che tutti i dati saranno andati perduti.
Ok, non importa tanto ho tutto salvato su iCloud.
Clicco su "ok" ed ha inizio l'incubo.

Pochi secondi, il telefono si riaccende e noto subito dalla prima schermata, che il bastardissimo ios7 è ancora presente nel mio 4S come la graminia nel campo d'insalata.
Va bene, almeno proviamo a riattivarlo, che magari in un modo o nell'altro riesco a sistemare il problema.
Faccio tutti gli step a me richiesti, finalmente compare la scritta "L'attivazione potrebbe richiedere qualche minuto".

Fino a quando.....

NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

Compare la scritta: "questo dispositivo non può essere attivato perchè non è stato registrato come dispositivo di developement per ios7, se non sei iscritto fallo adesso su ww..."

Solo ora capisco che ios7 non è ancora una versione ufficiale ma soltanto un software in fase di sviluppo, che chi è iscritto in questo programma (99£ annui) può scaricare, provare e modificare.

Immaginate la mia faccia, la mascella l'ho dovuta raccogliere da perterra, mi sono ricomposto le articolazioni superiori ed il mio cuore ha retto solo perchè di sana e robusta costituzione.
Le mie arterie si sono otturate di ansia e frustrazione, nella camera c'era un sottile odore di pollo!!!

Ok, mantengo la calma, o meglio la riacquisisco dopo essermi rimontato braccia occhi e bocca e penso...
Penso se far finta di niente ed andare a correre o se correre e facendo finta di niente, trovarmi nell'Apple store di Westfield ad implorare pietà.

Buona la seconda.
Salgo in bici e mi catapulto all'Apple store, il bello di essere a Londra è che se fai qualche minchiata, riesci quasi sempre a trovare la soluzione in giornata.

La gente oggi è lentissima, sono tutti fermi ed in mezzo, "signori le scale mobili sono state inventate per velocizzare il tragitto da piano 1 a piano 2, non per far montare la panna alle ginocchia di chi ha fretta."

Avrei voluto saltargli sulla testa, come Crash Bandicot, ma ho mantenuto un'aria composta e rilassata.

Rilassata proprio no, stavo già pensando a come implorare i commessi per attivarmi il telefono, perchè sapevo che si sarebbe potuto attivare, è un'Apple; ma la preoccupazione era che mi chiedessero: 
A perchè avevo ios 7 che è una versione in fase di sviluppo;
B chi me l'aveva data; 
C se avevo un' account apple per ricercatori e sviluppatori software ( a pagamento ovvio).

Il giovanotto a cui chiedo informazioni, si limita all'opzione C.

Eccheccazzo.. gli dico di no, e gli dico che ho avuto la versione 7 da un'amico.
A quel punto, nella mia testa c'era già la risposta alla domanda che fortunatamente mai mi farà.
Ovvero se questo mio amico avesse un account.
La risposta geniale sarebbe stata: "si credo di si, potrei chiedergli i dati, ma... ho il telefono bloccato."

Il giovanotto chiede consiglio ad un'altro "Apple Man", tutti vestiti con una maglietta blu ed una mela sul petto; orgogliosi come un iPad mini.
Il secondo ragazzo, mi dice: ok si può fare ma ti devo rimettere ios6.

La mia faccia riprende colore, inizio a volare e incomincio anche a ridare la vista ai ciechi, far camminare gli infermi e moltiplicare gli iMac; gli ho fatto un sorriso a 45 mila denti e gli ho risposto con indifferenza: ok va bene.

Collega il dispositivo al dispositivo ovvero iPhone a PC schiaccia 4 tasti e mi dice: ok quando ha finito stacca  il telefono e vai.

Ah bom, propj parej penso io.

Pochi minuti di attesa, per l'esattezza 80" ed una manciata di decimi e l'ordine nel mio iPhone 4S travestito da Chayenne Abarth, è ristabilito.